La sua nomea, un tempo, non era delle migliori: la grappa era considerata un distillato “rozzo”, da bere a fine pasto come digestivo o al massimo per correggere il caffè. I consumatori più raffinati non la prendevano neppure in considerazione. Ma negli ultimi anni le cose sono parecchio cambiate: oggi la grappa ha l’immagine – finalmente consolidata – di un distillato di qualità, che rappresenta il nostro paese in tutto il mondo. Un prodotto – persino – con una sua esclusività ed elitarietà, dato che la produzione – rispetto ad altri distillati europei – è assai contenuta: una grappa, infatti, può essere prodotta solo a partire da vinacce italiane.
A cosa va attribuito questo cambiamento? Ma, soprattutto, la grappa è veramente un distillato di qualità?
La risposta alla seconda domanda è: dipende. Ci sono ancora, sul mercato, prodotti modesti, venduti a poco ma che offrono molto poco. Nella grappa un prezzo elevato ha sempre una motivazione. Un ruolo importante va attribuito alla scelta delle materie prime: un conto è distillare da vinacce di scarto, provenienti da diversi vitigni; un conto è selezionare con consapevolezza, magari privilegiando un vitigno unico. Un altro fattore determinante (e con questo rispondiamo anche alla prima domanda) è la comparsa di nuove tecnologie di distillazione: distillare con alambicco discontinuo – che prevede delle interruzioni o dei rallentamenti per sincronizzarsi con il carico e scarico manuale delle vinacce – aumenta notevolmente i costi di produzione, dunque il prezzo finale del prodotto.
Riassumendo: ci sono grappe e grappe. La qualità ha sempre il suo costo: riconoscerla e valorizzarla è un servizio che facciamo a noi, come consumatori, ma anche alla grappa stessa, premiando i prodotti più meritevoli sul mercato.